martedì 1 novembre 2016

Goldoniano



Le vie delle sinapsi sono infinite. Infatti, mentre ammiro gli splendidi colori del goldener Oktober e medito sulla caducità delle foglie come della vita, l’assonanza è d’obbligo con Goldoni. 


Ahimé, non con Carlo, ma con il termine colloquiale con cui ci si riferisce ai preservativi. 


Mi chiedo perché si chiamino proprio così, in fondo altri scrittori avrebbero potuto meglio prestarsi, fra tutti un Verga, o perché no il pio Manzoni. Come sempre, la fruibilità illimitata di internet è cattiva consigliera, e fra un click e l’altro, scopro che nemmeno il padre di tutti i goldoni, il condom, in realtá ha una chiara paternità, e non poteva essere altrimenti. 


Alcuni citano un fantomatico Dr. Condom, che avrebbe dovuto escogitare sistemi per tenere a basa la leggendaria lussuria di Carlo II d’Inghilterra, altri passano la Manica per arrivare a Condom, paesello i cui pastori avrebbero venduto interiora di animali per lo stesso scopo. Gli acquirenti pare non mancassero, trovandosi il borgo sulla via per il cammino di Santiago. Per restare in Francia, un’altra origine associa il preservativo a Pierre de Gondi, cardinale consigliere di Caterina de Medici e, probabilmente, versatile neisuoi compiti.


Da “gondon”, dunque, discenderebbe il nostro goldone. Tuttavia, per i natali italiani ci sono altre due ipotesi molto piú vicine nel tempo. Una porta al’22, quando Luigi Goldoni aprí la prima fabbrica italiana di profilattici, battezzati Hatú (“habemus tutorem”), si narra con buona pace del cardinale di turno. L’altra leggenda metropolitana associa il nostro a qualche anno piú tardi, ai Gold One nelle tasche dei soldati americani nella Penisola. 


Una variante tedesca chiama il goldone “il parigino”( der Pariser), probabilmente dal “Parisien” molto in voga nel tardo XIX secolo, e qualche ostalgico della DDR potrebbe ancora riferirsi ai “mondos“ o ai “Gummi-Fuffzcher”, visto che l’articolo in gomma costava 50 centesimi. 


Quanto ad attribuire natali diversi dai propri ad oggetti che finiscono lá sotto, la lista sarebbe infinita, e mi tocca obbligarmi a non seguire le mille nazionalitá attribuite alla sifilide (mal inglese, mal italiano, mal polacco, mal cristiano). Per cercar di ritrovare un’ispirazione un po’piú accademica, mi accontento delletimologia piú forbita e ricca di note a pie’di pagina, che chiama in causa anche Shakespeare: condom non sarebbe nient’altro che latino, da “cum”(latino, non inglese, so che potrebbe esser fuorviante), e “doma”, cioè una magione con cupola. Ai posteri l’arduo volo pendarico, e qui una collezione di altri nomi per lo stesso, universale ammenicolo. 

mercoledì 30 settembre 2015

Happyfanie

Genio e sregolatezza, amara nostalgia e irriverente ironia, panni sciaquati in Arno e polenta e pica sö, i suoi cerchi alla testa e i tanti colpi alla botte. Il fil rouge del libro di davide "il rosso" (di pelo e, si vocifera, anche di cuore) parte dai suoi risvegli quotidiani in un paesello della Bassa Bergamasca e si snoda fra rotonde prese male, gite fuoriporta á la piero angela, compulsivo zapping serale alla ricerca di un Silvio che (forse) non c' é piú. Poi si crogiola come un gatto nel paese delle meraviglie dei banchi di scuola, cui sorride sornione acciambellato sulla cattedra, ma che, in barba agli 'anta alle porte, sente ancora un po' come la cesta dove trovar rifugio. Rosso come il drappo del torero, da "happyfanie" non riuscirete piú ad alzar lo sguardo, e finirete trafitti da sagaci frecciatine semiserie, come nemmeno i messaggi dei Baci Perugina.

<!-- ilmiolibro.it minireader --><div id="minireader-1442133941323"><a title="Happyfanie - Davide Ferrari" href="http://reader.ilmiolibro.kataweb.it/v/1156151/#!" style="margin: 12px auto 6px auto; font-family: Helvetica,Arial,Sans-serif; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: normal; font-size: 12px; line-height: normal; font-size-adjust: none; font-stretch: normal; -x-system-font: none; display: block; text-decoration: underline;">Happyfanie - Davide Ferrari</a><iframe class="minireader_iframe_embed" src="http://reader.ilmiolibro.kataweb.it/static/resources/minireader/reader.html?bookId=1156151&start=1" data-auto-height="true" data-aspect-ratio="0.6802325581395349" scrolling="no" width="300" height="600" frameborder="0"></iframe></div><script type="text/javascript">(function() { var scr = document.createElement("script"); scr.type = "text/javascript"; scr.async = true; scr.src = "http://reader.ilmiolibro.kataweb.it/static/resources/minireader/inject.js"; var s = document.getElementsByTagName("script")[0]; s.parentNode.insertBefore(scr, s); })();</script><!-- ilmiolibro.it minireader end -->

martedì 1 settembre 2015

Di scivoloni linguistici


Volksetymologie o, piú nostranamente, paraetimologia, é l‘altisonante termine tecnico con cui si designano i tentativi di dar significato ad una parola sconosciuta ricorrendo alle conoscenze che giá si hanno. Per quanto mi riguarda, quando mi metto a scrivere (o dovrei dire digitare?) in tedesco, significa compitare correttamente quanto appreso per tramite delle orecchie, spesso ingannevoli e malandrine Di solito basta il correttore automatico di Word per evitarmi il busillis, celeberrimo progenitore degli erroracci (in diebus illis, bisogna ammetterlo, il T9 non ce l’avevano). 

Ma, alle volte, illusa di saper ormai padroneggiare gli arcani della teutone lingua, mi avventuro impavida a scrivere mail ed sms senza dar ascolto alle sagge precauzioni dell’era digitale. E finisce, spesso, che scrivo cose che rispondono a quanto udito alle mie orecchie, e soddisfano anche i miei occhi, ma non il criterio di correttezza. 
Qui un elenco casuale (e sicuramente parziale): 

-         - Strebergarten al posto di Schrebergarten:
trattasi di piccoli giardini (o Kleingärten) raggruppati in una area detta “Kolonie”, i cui proprietari vivono in abitazioni separate, non attigue. Sono usati come zona di ricreazione, convivialità e pratica del pollice verde. Ora, il termine corretto è “giardino di Schreber”, dal nome del presunto inventore (anche se la paternitá è incerta). Nel mio cervello, tuttavia, il quasi omofono “Streber” ci sta benissimo: Streber è il “secchione”, colui che si sforza, ergo per me si tratta dei giardini dove chi di solito lavora di schermo e tastiera si rifugia in una novella unione col sublime della natura. Mi sbagliavo, ma l´idea continua a piacermi, e si sa mai che la proponga all´accademia della crusca tedesca;

-          Tunhalle al posto di Turnhalle
    la palestra. “Turnen”, a mia insaputa, è il verbo specifico del “fare sport in palestra”. Adesso che ve l´ho svelato, il gioco è fatto. Ma per me, anche “la halle dove si fa”, derivato da “tun”=fare, non faceva un(a) piega(mento);

-          Schweinachse al posto di Schweinhaxe: anche qui, se sapete che “Haxe” è lo stinco, come chiamare uno dei fiori alll’occhielllo della gastornomia bavarese risulta un gioco da ragazzi. Io l’ho sempre chiamato “l´asse di maiale”, che se ci si aggiunge una infida L in fondo, diventa l’ascella di maiale. E non sono sicura che anche quella non sia molto gradita da queste parti;

-          Kickererbsen al posto di Kichererbsen: i ceci, che io mangio alla turca come snack , ricoperti di cioccolato. Ebbene, la corretta grafia ricalca l’originale latino “cicer”, che da queste parti pronunciano “zizer” (avete mai sentito parlare di Marco Tullio Zizero?) oppure “kiker”. Io ci ho messo del mio e li ho ribattezzati i piselli (erbsen) del calciatore (kicker);

-          Brüste al posto di Bürste
    esistono tutti  e due, il primo significa seni (il plurale di Brust), il secondo spazzola o spazzolino. Ecco, io mi sono proclamata soddisfatta poiché l’igienista dentale mi ha pulito i denti con “Brüste” e non piú coi malefici laser. Il problema é stato poi spiegare ad un crucco la storia della Minetti.

venerdì 15 maggio 2015

Veritá



Nella miglior tradizione umanistica, é giusto condividere qualunque illuminazione personale affinché chiunque possa goderne. Novella Buddha dell´era mediatica, ho raggiunto la pace dei sensi, io so. 

Come sempre, c´è stata la ribellione alla morale paterna, la fuga, i ripensamenti, per infine approdare alla Veritá lá dove sempre se ne era stata, sorniona come un gatto davanti al focolare. 

Ebbene, nella vita due cose contano: grana et amor patrio. 

Mi son serviti svariati lustri, ma ormai ho in mane la chiave dell´enigma: non di pecunia qui si parla, bensí è una sottigliezza d´articolo. Lo ripeto sempre a chi vuole studiare l´italiano, che cosí come la triade malefica “der-die-das”, cosí “il-lo-la-i-gli-le” sono ostacoli da imparare a dribblare presto. 

Chiaramente per essere felici nella vita serve IL grana: anche la pasta piú scotta, dove il coinquilino di turno ha infilato a tradimento ketchup perché “tanto è rosso”, con una grattatina di grana diventa mangiabile. O il risotto fatto col Milchreis che scuoce appena a contatto col calore. Oh ingrediente alchemico, oh falange di Mida! Sei riuscito persino, oh grana, a farmi inchinare davanti al pagano idolo asparago, che senza di te altro non è che un gommoso gambo dalla forma irriverente.  ma tu ben sai il mio fedele monoteismo caseario, quando pecco di Quark o di cremette spalmabili é solo per stringente necessitá, mentre anelo alla Tua inarrivabile purezza!

Quanto al secondo elemento del binomio, mi par chiaro: è “padano”. E come non amare le piatte, nebbiose, provincialissime lande natie, se non per aver dato i natali (piú o meno) a questo oro biancastro? Con buona pace di Salvini, ora e sempre ribadisco: è l´unico padano che vogliamo. 




Di Re Mida casearia falange
d´ogni pietanza fa´gran portento
bianc´oro che´l core mio piange
ti cerco in ogni compartimento.
Alchemico Graal d'ogni espatriato:
sempre tu e tu solo sia lodato

giovedì 14 maggio 2015











ODE OF THE PHD STUDENT

"You radiate such a candid grace
For hours on you lingers my gaze
Desire of conquest devours me alive
And yet for every line i have to strive
You flicker empty and white
Contemptuous of all my fight
My love for you, oh white page
Is my sweet golden cage,
everyday i renew my tender vow
and yet to write i don´t know how
because merciless, white you remain
till my strength starts to wane.
My keyboard knows my tears
And my friends my daily fears,
will you one day to me subdue
and let me write all I am due?
You are the queen of contempt
And I, your slave, of failed attempt"

Yours
Miriam

lunedì 5 gennaio 2015

Un buon anno in Crucchia


Aggirandomi per la rete, mi sono imbattuta in questo augurio per il 2015 e non ho potuto esimermi da un´ennesima indagine etimologica da poltrona a suon di click.




Null-acht-fünfzehn” o 08/15 è un´espressione che sta per “niente di speciale, piuttosto scialbo”.

Niente cabala, c´entra la MG 08/15, una mitragliatrice di conio crucco; e 8 e 15 altro non sono che gli estremi del suo compleanno: nata nel 1908 e modificata nel 1915, a quanto pare migliorandone l´efficienza,  ma peggiorandone il materiale. Insomma, niente di particolarmente sfavillante. 

Come è noto, poi, l´unitá nazionale si raggiunge spesso anche a colpi di arma da fuoco, e la MG 08/15 è stata la prima a prodursi su scala federale, diventando l´equipaggiamento base per i soldati tedeschi, a differenza delle precedenti forniture diversificate su scala regionale. Da qui la connotazione di qualcosa di uniforme, magari pratico, ma non attento alle esigenze dei singoli.

Se aggiungete che l´arma era quella con cui i soldati tedeschi regolarmente dovevano allenarsi, ecco sviscerato il singolare modo di dire, che rimanda ad un´idea di routine noiosa.

Non resta che augurarsi di scampare a questa combinazione numerica, sperando di esser tutti ben "scivolati" (come da augurio crucco, "Guten Rutsch") nel 2015.E, come si sa, un click tira l´altro, per cui ecco che ci si chiede perché mai i tedeschi vogliano scivolare nell´anno nuovo: niente a che vedere con tonfi dovuti a ghiaccio e neve, ma nemmeno l´etimologia pare vederci troppo chiaro su questa espressione. A voi scegliere se preferite seguire la pista ashkenazita "rosch", che significherebbe"principio, inizio"; oppure lo slittamento (é il caso di dirlo) lessicale da "Reise", viaggio.

Tuttavia, in riferimento al clima di norma poco clemente di fine d´anno, resta il modo di dire "Silvester Wind und warme Sunnen, wirft jede Hofnnung in den Brunnen!", ovvero se a Capodanno c´é bello, con sole e vento, ogni speranza é vana.
 Per chi é espatriato in Länder dove si festeggia l´Epifania, non ci si stupisca se all´improvviso sulle porte di mezza cittá compaiono le lettere C+M+B: stanno per "Christus Mansionem Benedicat" e segnalano che gli abitanti hanno dato un obolo o qualche frutto ai bambini che li raccolgono per beneficenza. Del resto, i magi si chiamavano Caspar, Melchior und Balthasar, e i bambini in processione li ricordano con copricapi e mantelli.